Zdenek Zeman nella letteratura: da Narciso a Zarathustra

Anarchico, visionario e talvolta incompreso: Zdenek Zeman in un insolito ed equivoco confronto tra letteratura e musica.

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Fari su Nicosia: AEK Larnaca - APOEL

Inauguriamo la nostra rubrica a cura del nuovo membro della redazione Mirko Giacoppo, che si occuperà dei resoconti delle partite di APOEL Nicosia, Copenaghen e Everton.

Comunicato dalla redazione

La redazione de Lo Stretto del Calcio presenta la nuova struttura del blog e il format applicato per la nuova stagione.

Fari su Copenaghen: Odense-Copenaghen

Il resoconto del match Odense-Copenaghen, conclusosi con la vittoria degli ospiti per 1 a 0

Fari su Liverpool: Everton-Chelsea

L'appassionato resoconto della pirotecnica vittoria del Chelsea sui Toffees per 6 a 3

mercoledì 23 ottobre 2013

Il catenaccio, quando criticarlo è un'eresia

"Il catenaccio fu fatto a Sansepolcro...non da Mussolini.
È un idea, una rivoluzionaria idea. Un sentimento romantico che ti aiuta a buttare via il pallone fin sù al Don Orione. Dove gli alberi lo accoglieranno.
Una difesa compatta, unita, che non molla. Da calci e spazza. I terzini bloccati, la punta a centrocampo, 2 bei mediani, senza mai salire, un muro umano a difesa del bolscevico di turno. Con la croce sul petto a difesa di un ideale. Le lancette sul cronometro, il movimento automatico che fa scorrere il tempo piu veloce, le rimesse dal fondo accolte come gol. I rinvii del portiere più lontani possibile, le marcature a uomo fino a centrocampo, e poi di nuovo di corsa giù in trincea."

Il gioco del catenaccio è uno tra i sistemi di gioco più conosciuti in Italia e nel mondo. Già dagli anni '60, con il Milan di Nereo Rocco e l'Inter di Helenio Herrera, come per il Chelsea di Di Matteo, campione d'Europa nel 2012, il catenaccio è stato utilizzato con successo. 
Dunque, nonostante un'efficacia che sembra esseri perpetuata, il gioco del catenaccio è ormai sempre più in disuso. Fra i più celebri, si ricordano comunque l'Italia del 2006, campione del Mondo, anche se in questo caso è meglio parlare più di un utilizzo della tattica del contropiede, della Grecia campione d'Europa nel 2004, dell'Inter del 2010, che nella semifinale di ritorno contro il Barcellona al Camp Nou ha messo in pratica un catenaccio perfetto, tanto da riuscire a difendere il risultato a favore dell'andata, nonostante fossero contro una delle migliori squadre in 10 uomini; da non tralasciare il Chelsea campione d'Europa nel 2012, ricordato per il suo catenaccio nei due turni di semifinale contro il Barcellona e, in parte, in finale contro il Bayern. Ricordo, inoltre, anche il recente esempio del catenaccio del Milan, adottato nella sfida della scorsa stagione contro i blaugrana, riuscendo a vincere per 2 a 0. Come già detto in precedenza, dunque, nonostante la sua efficacia, il catenaccio non solo è sempre più in disuso, ma anche è sempre più criticato e sminuito. Viene definito quasi come l' "anti-calcio", come un sistema vecchio e ormai anacronistico rispetto ai ritmi e agli schemi di gioco del calcio moderno, o come una tattica utilizzata da una squadra a causa della sua inferiorità tecnico tattica rispetto all'avversaria, buona solo per squadre prive di un "bel gioco". Questi i pareri di molti, che non possono essere sicuramente giudicati come obiettivamente giusti. D'altronde, io stesso considero il catenaccio, come un sistema tanto valido ed efficace quanto gli altri più moderni. L'importanza della sua efficacia, se utilizzato correttamente, può far "godere" di un bel calcio tanto quanto un gioco più divertente ed offensivo. Specie in Italia, ritengo ingiusto e insensato accusare l'uso del catenaccio, dopo che proprio questo, con il famoso "catenaccio all'italiana", è stato d'esempio per tutti. E se i tempi sono cambiati poco importa, se un fautore di questo modulo come Lippi, o come lo storico Nereo Rocco, può valere quanto un ideatore di bel calcio come Cruijff o Guardiola. Perché se il calcio è anche "romanticismo", il catenaccio è l'esaltazione di ciò, a discapito di ogni critica e parere, ricordando anche che la storia del nostro calcio non lo merita.

(di Alessandro Triolo)




sabato 19 ottobre 2013

La dinastia Maldini-Milan continua (?)

"Il Milan ai milanisti", ecco lo slogan per la squadra rossonera che in questo periodo fatica a conquistare i 3 punti. I tifosi, ovviamente, vogliono al più presto che la squadra torni a vincere dando certezze ed entusiasmo. Dunque, se per una concretezza di gioco urge soprattutto un accurato lavoro di Allegri, come si può riportare l'entusiasmo in una piazza che vive ormai da circa 3 stagioni di alti e bassi? Una delle risposte può essere , appunto, quella di vedere in campo giocatori che tengono alla maglia, che ritorni quella voglia di scrivere pagine importanti della storia di questa squadra, che si rivedano delle "bandiere". A tal proposito, una notizia che non può che far piacere ai tifosi milanisti è quella del primo allenamento di Christian Maldini con la prima squadra del Milan. Il figlio dello storico capitano Paolo svolge il ruolo di terzino e per la sua giovane età, classe 1996, sembra ben promettere. "La terza generazione di Maldini al Milan? Speriamo ce ne sia anche una quarta", queste le speranzose parole del nonno Cesare. Non sembra quindi solo una remota ipotesi quella di vedere un terzo Maldini con la casacca rossonera. Adesso serve tempo e pazienza, il giovane Christian freme dalla voglia di emulare i suoi due grandi predecessori ed onorarli, dando ancor più importanza alla mitica "generazione Maldini". E chissà se, come il padre ed il nonno, vedremo anche il giovane Christian alzare la Champions League...

mercoledì 16 ottobre 2013

La fine dell'era Moratti

Vi abbiamo precedentemente parlato della possibilità che l'Inter passasse in mani straniere; ieri è arrivata l'ufficialità: il club di Milano è per il 70% del magnate indonesiano Erick Thohir.

Erick Thohir ha ufficialmente acquistato la società F.C. Internazionale Milano; la sua avventura è appena iniziata e non possiamo dare ancora dei giudizi sul suo operato da presidente, ma speriamo comunque che possa far bene, cominciando dal non far pentire i tifosi. C'è da dire che gli anni in cui la famiglia Moratti è stata a capo dell'Inter non ha mai deluso gli appassionati, vincendo  trofei di varia importanza, disponendo sempre di giocatori di altissima qualità e soprattutto vantandosi di essere l'unica squadra a non essere mai stata in Serie B. Fatto sta che gli anni di presidenza di Massimo Moratti sono stati indimenticabili, sia per l'ormai ex presidente, sia per tutti i tifosi neroazzurri. Di tutti i moltissimi titoli vinti nel corso di queste stagioni, l'annata più prolifica dell'Inter targata Moratti fu il 2010, con Josè Mourinho allenatore, quando la squadra centrò il traguardo del noto Triplete, non altro che la conquista di scudetto (ultimo dopo una lunga serie di cinque consecutivi), Coppa Italia e Champions League (la seconda nella storia del club).

Tornando al nuovo presidente, Erick Thohir (a cui in ogni caso i tifosi nerazzurri preferivano Moratti, per il suo attaccamento alla squadra dimostrato anche dal fatto che ha tenuto durissimo prima di cedere ufficialmente la sua società e dalle lacrime versate alla prima intervista dopo la perdita della carica di presidente), ci sono grandi ambizioni per il futuro, soprattutto perché questo magnate indonesiano porterà sicuramente più fondi di quanto non avesse già la squadra per provare a migliorare ancora la rosa e cercare di portare l'Inter nuovamente, se possibile, ai livelli del Triplete. Speriamo dunque tutti che il nuovo leader societario non faccia rimpiangere a tifosi ed appassionati l'eterno Massimo Moratti, che, ne siamo certi, resterà nel cuore di tutti loro.


(di Davide Maggio)

martedì 15 ottobre 2013

Gli artisti del pallone: Diego Milito

Diego Alberto Milito, calciatore argentino attualmente in forza all'Inter, è divenuto un idolo per ogni tifoso neroazzurro dopo il grande Triplete dell’era Mourinho, ma non solo: con l’Inter Milito ha vinto davvero tutto.
Partiamo dall'inizio. Diego comincia la sua carriera nel team argentino del Racing Club e vi rimane per 5 annate (dal 1999 al 2004), mettendo a segno 34 reti in 137 presenze. Nella stagione successiva il Principe sbarca a Genova, sponda Genoa, per giocare un anno e realizzare 33 reti in 59 presenze. Nella sessione di mercato estivo del 2005, con la retrocessione dei rossoblù in serie C1, viene acquistato dal club spagnolo del Real Zaragozza, dove gioca fino al 2008 e totalizza 53 reti in 108 presenze, prima di tornare al Genoa nell’anno seguente. La storia è ben diversa da quella vissuta in serie B qualche anno prima: Milito diventa infatti un vero leader del Grifone, portando la sua squadra addirittura in Europa League. Cosi, grazie soprattutto alla tripletta nel derby della lanterna Genoa-Sampdoria, attirò l'attenzione dell'Inter e dei suoi vertici, che lo vollero a tutti i costi, acquistandolo definitivamente nell’estate del 2009. Come se fosse un veterano, Milito diventò la perla dei nerazzurri portandoli alla conquista, come abbiamo detto, del famosissimo Triplete nel 2010 con Mourinho allenatore. Il Principe fu decisivo per la vittoria di ogni coppa segnando in tutte le finali: in campionato l'Inter vinse lo scudetto all'ultima giornata battendo per 1-0 il Siena proprio con un suo gol, in coppa Italia fu decisivo segnando nella partita finale contro la Roma finita 1-0 per i nerazzurri, ed infine mettendo a segno una fantastica doppietta in finale di Champions League contro il Bayern Monaco, partita poi finita 2-0 per i milanesi, che conquistarono la loro seconda coppa dei campioni nella storia. Quella del 2010 è stata probabilmente l'annata migliore della carriera di Milito, anche se poi dopo l'addio di Mourinho l'Inter ebbe un evidente calo, non riuscendo ad accedere alla Champions League per i seguenti 3 anni e a piazzarsi la stagione passata oltre l'ottavo posto, quando sfortunatamente il giocatore subì un gravissimo infortunio in una partita di Europa League nel gennaio 2013, accusando una lesione del legamento collaterale del crociato anteriore e della capsula del ginocchio sinistro. Molti pensavano che potesse essere la fine della sua carriera, perché sappiamo che non é facile riprendersi da un infortunio così grave a 34 anni. Ma la voglio di giocare del Principe prevalse su tutto e cosi è tornato in campo il 22 settembre 2014 nel match vinto dall'Inter contro il Sassuolo per 7-0, presentandosi al meglio: due reti e un assist. A meno di 3 settimane dal suo rientro Milito si infortunia nuovamente, stavolta però a causa di uno stiramento al retto femorale della gamba sinistra che lo terrà fuori per 1 mese. Sicuramente ancora una volta questa non sarà la fine della carriera di Milito, che, conoscendolo, vorrà certamente continuare a giocare e fare bene con la sua squadra.

(di Davide Maggio)

domenica 13 ottobre 2013

Appello Allegri, il calcio è davvero un esempio?

Sebbene la sua panchina al Milan sia attualmente traballante, a mio parere ingiustamente, ci soffermiamo ora su Massimiliano Allegri riguardo un tema molto importante relativo al mondo del pallone e che coinvolge direttamente i giovani di oggi. Il tecnico rossonero infatti, intervenuto recentemente al quindicesimo congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, ha dichiarato: “I giocatori di calcio sono degli esempi pubblici. I ragazzini li vedono in televisione, osservano i loro comportamenti e quindi i calciatori devono capire che hanno addosso delle responsabilità, magari eccessive rispetto all’età, perché anche loro sono giovani, ma le cose stanno cosi e quindi devono comportarsi di conseguenza, dando il buono esempio. Basta con creste e orecchini e soprattutto basta con il fumo”. Quello di Allegri è un appello importante, perché l’ammirazione di tifosi e appassionati in generale verso i calciatori è tale da far diventare questi ultimi un vero e proprio modello, cosa che ha sì un risvolto positivo, ma purtroppo principalmente negativo. Al di là del look che questi sfoggiano, sentendosi chiaramente “giustificati” dalla loro notorietà e dalla voglia di farsi notare (l’esuberante cresta di Stephan El Shaarawy è primo fra tutti gli esempi), alcuni comportamenti possono essere imitati in modo decisamente poco conveniente. Emblematiche le bravate di Mario Balotelli, idolo nazionale in Italia e non solo; recentemente abbiamo anche sentito Arsene Wenger, coach dell’Arsenal, rimproverare a gran voce il suo giocatore Jack Wilshere, centrocampista dei Gunners, colpevole di essersi fatto notaere fuori da un locale mentre fumava; infine, come l’ha definito Jorgensen pochi giorni fa, il “Balotelli di Danimarca” Nicklas Bendtner, il quale, nonostante stesse vivendo la disastrosa esperienza alla Juventus, si è fatto quasi arrestare lo scorso Febbraio dalla polizia danese, che lo ha sorpreso mentre guidava contromano in stato di ebbrezza nel centro di Copenaghen. Insomma, pur ammirandoli sul campo, sappiamo tutti di che pasta sono fatti i calciatori al giorno d’oggi, fra lusso e scandali, ma l’importante è che ciò non si insinui nella mente dei ragazzi come modus agendi esemplare.

(di Jacopo Burgio)

sabato 12 ottobre 2013

Brasile 2014: il Belgio può sognare

In porta Cortois o Mignolet, in difesa Van Buyten e Vertonghen, in centrocampo Witsel, Hazard, Fellaini, Defour, Dembélé, Chadli, in attacco Benteke, Mirallas, Mertens, Lukaku. Dire che la nazionale belga abbondi di fenomeni non è dunque un'eresia. Negli ultimi anni, infatti, la squadra belga ha cominciato ad avere un vasto assortimento di giocatori già affermatisi ad alti livelli e militanti nelle migliori squadre d'Europa. Citando solamente i nomi più importanti, ci si accorge di come il Belgio può davvero sognare e puntare in alto al Mondiale. 
Dopo la vittoria di ieri per 2 a 1 sulla Croazia, con una doppietta di Lukaku, la squadra del CT Mark Wilmots conquista la partecipazione in Brasile. Particolare è stato vedere una piazza di Bruxelles gremita di tifosi in festa, come se per questi l'impresa fosse stata già compiuta. Ciò dimostra come l'ambiente resti sempre "umile", non dando nemmeno per scontato il primo posto in un girone in cui a poter ostacolare la squadra belga viera solo la Croazia. Effettivamente, la tifoseria belga aveva perso l'abitudine di vedere la propria nazionale con una tale qualità da poterle permettere di sognare in grande; era dal 2002 che non partecipavano ad una competizione internazionale, dal Mondiale nipponico.
Dopo dodici anni, il 2014 potrà essere un anno memorabile per la storia del calcio belga, che sta sempre più puntando sui suoi emergenti talenti, ricevendo una sempre più crescente qualità degli stessi e riscuotendo una grande ammirazione in campo internazionale per il lavoro intrapreso
E, dunque, se vedremo Hazard, Fellaini o Benteke dare spettacolo al Maracanã, non ci sarà nulla di cui meravigliarsi, ma solamente da prender d'esempio. 

(di Alessandro Triolo)

domenica 6 ottobre 2013

La nostalgica passione di un calcio indimenticabile.

C'è chi li ricorda come gli anni migliori, chi li vorrebbe aver vissuti, chi ne resterà per sempre affascinato; immagini indelebili, personaggi dalla figura pressoché "mitica", avvenimenti, di qualsiasi contesto, di qualsiasi importanza, che hanno contribuito ad arricchire la storia moderna, che continueranno sempre a perdurare. Impossibile, oggi, non aver mai sentito rievocare i "mitici" anni '60, ad esempio, dai nostalgici. Nel ricordo della trepidante passione vissuta negli anni '70 e '80, sul social network Facebook sono presenti due pagine che ricordano quegli ani nella maniera più suggestiva possibile. Le due pagine hanno degli scopi mirati : il primo è, appunto, quello di ricordare un calcio ormai diverso da quello attuale, ma non meno affascinante, e soprattutto di condividere e trasmettere, anche a chi non li ha vissuti, tutte le emozioni e le bellezze di quegli anni. Premetto che io stesso faccio parte di chi non ha potuto godere di quel meraviglioso calcio, di quegli straordinari giocatori e di storiche e irripetibili partite; dunque, sono solito seguire i post di queste due pagine. Come già avevo detto precedentemente, sono due pagine Facebook, una dedicata al calcio degli anni '70, l'altra al decennio successivo. La prima, il cui nome è "La nostra serie A negli anni 70", è stata fondata il 12 marzo del 2011, riscuotendo subito un grande seguito. Vi sono migliaia di foto: quella che immortala la celebre esultanza di Gigi Riva con Gianni Rivera dopo il gol del 4 a 3 contro la Germania Ovest, nella semifinale di Messico '70, o quella di un derby di Milano del '71 con i capitani Mazzola e Rivera, passando per gli album dedicati interamente ad un singolo giocatore, come Chinaglia e Boninsegna o album dedicate alle singole squadre, fino alle rare foto del calcio semi-professionistico. 
L'altra pagina è dedicata, invece, ai "mitici" anni '80, intitolata "soloanni80 il calcio più bello del mondo", che dal giorno della sua iscrizione, avvenuta il 21 marzo 2011, ha riscosso un grande seguito di appassionati e nostalgici in breve tempo, raggiungendo l'attuale quota di 10.482 "mi piace". Come nella pagina descritta precedentemente, anche in questa a far da strumento di condivisione sono le foto. Vi sono anche qui le foto storiche ed ormai celebri, come quella di Dino Zoff con la Coppa del Mondo, fino a quelle conservate tutt'ora nei meandri degli archivi delle gallerie fotografiche o negli album di qualche appassionato. Forse, a differenza della pagina dedicata agli anni '70, è quella di aver riservato maggior spazio anche alle foto e immagini "fuori dal campo", come le caricature, a cui è dedicato un album, i telecronisti, e quindi la TV-radio-stampa, le maglie, le azioni da gol disegnate e stilizzate a matita.
Se avessi voluto solamente conoscere il calcio di quel biennio, ad esempio, avrei preso un almanacco, o comunque mi sarebbe bastato Wikipedia; potrei sapere anche tutto, anche più di chi li ha vissuti, ma non avrei mai saputo davvero cosa si provava ad andare allo stadio, qual era la vera emozione di vedere in campo Maradona o come si era vissuta la semifinale contro la Germania Ovest.
E' piacevole, invece, vedere, sottostanti alle foto, commenti del tipo: "A quella partita io c'ero!", o "Che ricordi, sembra ieri!". Ogni volta che li leggo capita di emozionarmi e di provare suggestioni, come un nostalgico. E, dunque, è da ciò che comprendo la grande importanza ed il vero senso della loro utilità e funzione, conservatrice e al tempo stesso "trasmettitrice". 



(Alessandro Triolo)

Roma: che rivoluzione!


Come ben sappiamo, la Roma da qualche anno non riesce ad esprimersi al meglio delle sue potenzialità. Si è sempre vista infatti una società abbastanza attiva sul mercato, avendo comprato giocatori del calibro di Pjanic, Balzaretti e altri altrettanto esperti, ma mai veramente competitiva in campionato, come dimostrano le mancate entrate in Europa delle scorse stagioni. Quest'anno la squadra, oltre ad aver preso un allenatore di ottima qualità qual è Rudi Garcia, mister con cui il Lille vinse il campionato francese alcuni anni fa, ha acquisito giocatori fondamentali per impreziosire la rosa come Kevin Strootman, arrivato dal PSV Heindoven, Mehdi Benatia, arrivato dall'Udinese, Adem Ljajic, arrivato dalla Fiorentina, Maicon dal Manchester City, Morgan De Sanctis dal Napoli ed infine Gervinho dall'Arsenal, grande protagonista nell'anno in cui il Lilla vinse il titolo francese proprio con Garcia in panchina; tutti calciatori che si sono andati ad unire ai tanti veterani tra cui Francesco Totti e Daniele De Rossi. La Roma ha iniziato benissimo la stagione, conquistando 21 punti su 7 partite giocate: è quindi a punteggio pieno e conduce la classifica, avendo messo in luce delle ottime prestazioni, mostrando tutte le sue potenzialità ed esaltando molto i singoli come Gervinho (che ha già segnato 3 gol in campionato), il quale era reduce da una stagione in Inghilterra di fatto non giocata al massimo, per cui l'Arsenal ha preferito cederlo. Non solo lui sta facendo molto bene, grazie a Garcia tanti giocatori sono tornati a grandi livelli dopo i cali delle stagioni precedenti, uno su tutti Daniele De Rossi, che dopo due anni in chiaroscuro è tornato il centrocampista di una volta, quando trovarselo davanti era un problema per tutti. Per concludere c'è da dire che una squadra così non può non avere grandi ambizioni e continuando ad ottenere risultati positivi potrà essere sicuramente una seria candidata per il tricolore.


(di Davide Maggio)


venerdì 4 ottobre 2013

I "galacticos" dell'Atletico Madrid, tra l'utopia e la concretezza di farcela.


Forse un po' tutti ci speravano, per non assistere al costante e già visto andamento del campionato spagnolo. Sembrava sempre la stessa storia: la "lotta" per il titolo fra Barcellona e Real Madrid, il terzo posto dell'Atletico o del Valencia, la quarta squadra che riesce a prevalere per la qualificazione in Champions League. Ciò, chiaramente, non toglie il fascino della Liga; sicuramente, però, vedere per una volta una "terza incomoda" fra Barça e Real rende il tutto più avvincente ed interessante. Dunque, dopo anni, si rivede una terza squadra decisa a competere per il titolo. Questa è l'Atletico Madrid, da sempre la squadra "in ombra" della capitale spagnola. Proprio per tale motivo, quando la voglia di rivalsa è incentivata da un grande inizio di stagione, tutto acquisisce maggiore valore; e così è stato per i Colchoneros. Un inizio sorprendente e grandioso: tutte vinte, sia in Champions sia nella Liga. Non ci sarebbe stato comunque tale entusiasmo, tale sorpresa, se non fosse stato per l'impresa storica realizzatasi sabato scorso, nel match contro il Real Madrid, il derby della capitale dunque. Mai sentito quanto el Clàsico, è chiaro. Ciò è dovuto al fatto che la prima squadra della città c'è, e non viene "decisa" da un derby, come nella maggior parte dei casi in Italia. A Madrid prima viene il Real, poi l'Atletico, restando, chiaramente, sempre sull'ottica delle vittorie, dei titoli e della dimensione della società, a favore, dunque, dei blancos. Perciò, se l'esito di una partita non può cambiare il "vantaggio" del Real nella capitale, può per lo meno dare un'importante segnale alla stagione. L'Atletico l'ha intuito, i Colchoneros vogliono mostrare che finalmente possono batterli sul campo e puntare al titolo. Quale partita, se non quella contro il Real Madrid nel suo stadio, poteva far sì che accadesse ciò? 
Sabato 28 settembre è, dunque, il giorno della rivalsa. Si gioca fuori casa per l'Atletico, al Bernabeu. Gli spalti sono gremiti di tifosi, il contrario rispetto a quelli italiani. Bale e Ronaldo da una parte, Diego Costa e Villa dall'altra. 7° giornata, Atletico a pieni punti, Real no. Dopo soli 11 minuti, segna Diego Costa, Atletico in vantaggio al Bernabeu. Il Real ci prova, ma l'Atletico di Simeone gioca bene, merita la vittoria. Dopo il 1999, l'Atletico torna a battere il Real Madrid in campionato. Il giorno dopo Marca critica Ancelotti e la concretezza del suo progetto, As intitola la sua prima pagina "Milioni 0 Calcio 1". Simeone non vuole che l' "Atletico campione di Spagna" resti solo un illusione, lui ci crede, come il resto della squadra. 
Dunque, in un calcio ormai schiavo e succube del denaro, visto maggiormente per i guadagni di sfarzosi imprenditori che sognano lussuose squadre, che acquistano fastosi giocatori, valutati a loro volta con enormi capitali, l'Atletico Madrid risponde con un bel calcio, con la modestia, con la semplicità di chi, con fiducia e impegno, può arrivare anche a grandi conquiste, senza spendere eccessivamente. Forse il termine galacticos non è appropriato quando di "galattico" vi è solo il suo prezzo; e il Real Madrid di Florentino Perez ne dovrebbe saper qualcosa...

(di Alessandro Triolo)

mercoledì 2 ottobre 2013

Cagliari, la continuità di un progetto

Con l’exploit della Juventus di Antonio Conte, regina incontrastata d’Italia (almeno per ora), la nascita di un Napoli galattico, di un Milan giovane e promettente e di una Fiorentina spettacolare, senza dimenticare tanti altri progetti importanti che sono nati o hanno trovato seguito in questi anni, come quello, fra i tanti, dell’Udinese, pochi si sono veramente accorti del silenzioso e tranquillo cammino di un Cagliari che ha recentemente saputo esprimere un ottimo gioco.

Quello creato dal duo Pulga-Lopez lo scorso anno è un gruppo davvero affiatato, le cui doti principali sono umiltà e qualità, ma ciò che più colpisce è proprio l’unione che contraddistingue questa squadra anche nei momenti più difficili, quali ad esempio i guai giudiziari del presidente Cellino e l’assenza di una vera “casa”: ancora attuale è il tema dello stadio per i sardi, con il Cagliari costretto a giocare le partite casalinghe a Trieste. Sul campo, come dicevamo, i risultati sono arrivati imponendosi con una certa continuità, garantendo un undicesimo posto che rientrava perfettamente nei parametri degli obiettivi societari, anche se a mio parere questa squadra meritava forse un poco di più. Anche quest’anno, tutto sommato, la squadra si sta ancora esprimendo bene, con 1 vittoria, 1 sconfitta e 4 pareggi accumulati fin’ora.


Importante per la società è stata la sessione di questo calciomercato estivo, a cui in uno scorso articolo riguardante questo tema abbiamo assegnato un 5, principalmente per il fatto che il Cagliari non si è praticamente mosso. Perché dunque la definiamo importante? Il Cagliari possiede gioielli che fanno gola a molte big italiane ed estere, attento è stato dunque il lavoro di Cellino nel non farsi attirare dai soldi offerti: soprattutto Astori è seguito da mezz’Europa, Nainggolan ha maggior credito in Italia ed Ibarbo piace molto alla Juventus, tanto per citarne alcuni. Eppure nessuno di loro è partito, con la sola cessione di Thiago Ribeiro al Santos e gli acquisti di Oikonomou dal Pas Giannina e Ibraimi dal Maribor, che pare promettere bene, schierato più volte da Lopez nelle ultime uscite dei sardi.


Tatticamente, il Cagliari imposta il gioco su un 4-3-1-2 basato sulla fisicità e la tecnica del belga Nainggolan e sulla fantasia del trequartista di turno, ora Cossu, ora Ibraimi o Cabrera. Il trio di centrocampisti si completa con capitan Conti e il giovane svedese ex Juventus Ekdal, a cui subentrano, come sarà nella prossima giornata, Eriksson e Dessena. In difesa spiccano i giovani portati dallo stesso Lopez in prima squadra, tra cui Murru, accanto al già citato Nazionale Astori e da Rossettini e Perico. In porta confermato Agazzi, suo secondo è l’ex viola Avramov. Durante la manovra offensiva il trequartista cerca sempre di creare superiorità numerica con l’avanzamento dei terzini ed è pronto a lanciare le due punte, Ibarbo e Pinilla (o Sau), che possono anche muoversi per aprire spazi e quindi fare in modo da inserire i centrocampisti e  presentarli così in area di rigore.


(di Jacopo Burgio)