Zdenek Zeman nella letteratura: da Narciso a Zarathustra

Anarchico, visionario e talvolta incompreso: Zdenek Zeman in un insolito ed equivoco confronto tra letteratura e musica.

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Fari su Nicosia: AEK Larnaca - APOEL

Inauguriamo la nostra rubrica a cura del nuovo membro della redazione Mirko Giacoppo, che si occuperà dei resoconti delle partite di APOEL Nicosia, Copenaghen e Everton.

Comunicato dalla redazione

La redazione de Lo Stretto del Calcio presenta la nuova struttura del blog e il format applicato per la nuova stagione.

Fari su Copenaghen: Odense-Copenaghen

Il resoconto del match Odense-Copenaghen, conclusosi con la vittoria degli ospiti per 1 a 0

Fari su Liverpool: Everton-Chelsea

L'appassionato resoconto della pirotecnica vittoria del Chelsea sui Toffees per 6 a 3

sabato 29 giugno 2013

Atletico Messina: sogni, obiettivi e giovani speranze.

In netta contraddizione rispetto al periodo di crisi in cui stiamo vivendo, è nata una nuova realtà: l’Atletico Messina, una squadra fondata da un gruppo di giovani appassionati di calcio che non si sono lasciati intimorire dalle difficoltà, dalla burocrazia, dai cavilli amministrativi necessari per dar vita al loro sogno.
Questo blog ha deciso di parlare di loro, di dare risalto al loro coraggio ed alla loro perseveranza, e al loro essere determinati a raggiungere il loro obiettivo  ed a perseguire le proprie passioni.

A questo scopo abbiamo posto loro la seguente serie di domande:

-“Potreste farmi un’analisi sintetica della stagione calcistica appena trascorsa”?
-“Quali sono state le motivazioni che hanno portato alla fondazione di questa squadra?”
-“Quali sono i vostri obiettivi futuri?”
-“Pensate di fare anche un settore giovanile?”

Se ne riporta integralmente la risposta:

“Abbiamo iniziato con la voglia di fare qualcosa che potesse rendere giusta considerazione alla nostra voglia di fare calcio. Siamo degli appassionati e l'idea di poter fondare una squadra tutta nostra ci ha particolarmente allettato sin dal primo momento. Abbiamo fatto, almeno all'inizio, di necessità virtù, visto che ci siamo autofinanziati sino alla fine del campionato. Inizialmente eravamo partiti male, con quattro sconfitte di fila. La svolta è partita dalla gara interna contro il Fiumedinisi. La vittoria per 2-1 maturata quel giorno ci ha dato il giusto input per far partire da li in poi una striscia positiva di risultati, che ci ha permesso di arrivare a ridosso della prima posizione. Due sconfitte nel finale di stagione ci hanno costretto a giocare i play-off, da secondi. La prima sfida l'abbiamo pareggiata e per miglior piazzamento nella stagione regolare abbiamo raggiunto la finale. Il Siac ha fatto visita al nostro stadio. Nei 90 regolamentari abbiamo pareggiato 1-1. Nel supplementare abbiamo avuto la forza di segnare ben tre gol e chiudere la partita sul 4-1.
L'idea del settore giovanile va coltivata con calma. Abbiamo soltanto un anno di esperienza alle nostre spalle. Ci sarà tempo per programmare il futuro, nonostante siamo convinti che la forza migliore per una squadra derivi dal suo settore giovanile.” 

La società è stata fondata quest'anno da 7 ragazzi tutti di età compresa tra i 18 e i 21 anni. Il presidente è Andrea Baldari, i Vice-presidenti sono Francesco Armone e Andrea Pettignelli, il Direttore sportivo è Benedetto Bruschetta, i Consiglieri sono Peppe Belnome e Francesco Sorrenti. 

Statistiche reti Atletico Messina:
- Tiziano Bonanno      20
- Agostino La Valle      10
- Nicocia                       9
- Salvatore Vitanza       8
- Alessandro Tavani     6
- Giuseppe Chillè          5
- Andrea Galletta           2
- Leo Morabito               2
- Alberto Scavello          2
- Alessandro Tripodo     2
- Emanuele Vinci           2
- Giovanni Interdonato    1
- Nino La Fauci               1
- Guido Marchetta           1
- Emanuele Milazzo        1
- Fabrizio Quattrone        1
- Francesco Vinci            1

Statistiche Presenze:
Portieri:Nino La Fauci (25) Antonio Parisi (6).

Difensori: Mascaro Giacomo (23), Spinella Stefano (11), Vinci Francesco (15), Quattrone Fabrizio (17), Milazzo Emanuele (26), Insana Antonio (28), Interdonato Giovanni (22).

Centrocampisti: Nicocia Antonio (27), Chillè Giuseppe (27), Morabito Leo (10), Tripodo Alessandro (15), Galletta Andrea (29), Vinci Emanuele (24), Scavello Alberto (17), Marchetta Guido (14), Rosselli Umberto (6).

Attaccanti: Vitanza Salvatore (9), Bonanno Tiziano (Capitano) (28), Tavani Alessandro (18), La Valle Agostino (11).

(di Alessandro Triolo) 

venerdì 28 giugno 2013

Neymar-Barça: affare vero?

E’ stato considerato l’affare della sessione estiva di questo calciomercato: Neymar da Silva passa dal Santos al Barcellona per una cifra che si aggira intorno ai 40 milioni di euro. Ma quanto veramente è un affare? Per scoprirlo, chiaramente, bisogna sapere di più sul giovane brasiliano che ha incantato i blaugrana (e non solo).
Neymar, classe ’92, è uno dei maggiori talenti calcistici dell’era moderna: col suo dribbling secco, veloce e molto elegante, è riuscito a far divertire il pubblico brasiliano fino alla passata stagione. Già, perché da tempo ormai ci si chiedeva come mai un talento del genere si ostinasse ancora a rimanere tra le mura amiche, ben sapendo che per diventare davvero un campione sarebbe stato inevitabile fare esperienza in quello che è definito “ il calcio che conta”, ovvero quello europeo. Neymar ha più volte rimandato l’addio al suo Santos, finché, a ridosso della Confederations Cup (in corso di svolgimento proprio in Brasile), ha valutato seriamente le offerte arrivategli dalle migliori squadre d'Europa (Real Madrid, Bayern Monaco etc..) ed ha accettato quella del Barcellona di Lionel Messi.
Scelta, forse, proprio dettata dalla suggestione di potersi esibire accanto ad un maestro del pallone e di conseguenza trarne dei benefici, in quanto Neymar è appena ventenne e ha tanto da imparare. Stiamo quindi parlando, a parer mio, di un talento ancora quasi inespresso: il vero Neymar lo si vedrà adesso, al Barça, e in parte lo si sta già vedendo (e soprattutto ammirando) in Confederations Cup. Resta dunque solo da sperare che la sua esperienza in Spagna non dimostri quanto può essere fragile di fronte a difese compatte come quelle europee, e che il giovane brasiliano, invece, non sia l’ennesima vittima della strapresenza di Messi, che ha oscurato giocatori del calibro di Henry, Ibrahimovic e Villa.

(di Jacopo Burgio)

mercoledì 26 giugno 2013

Dove il calcio è immortale.


Abbiamo trattato di calcio in questo blog da opinionisti, abbiamo trattato il calcio come fosse solamente un argomento, uno strumento di esposizione di pareri personali, quasi per vanto forse. Personalmente non ritengo di essermi appassionato a questo sport per tali cause. Dunque ho deciso per una volta di parlarne in maniera molto più personale, e soggettivamente suggestiva, quasi a rievocare ciò che ora mi manca, ovvero una passione “pura” per il gioco del calcio, fuori da teorie, pareri e futili opinioni.

Iniziammo a giocare alla “passeggiata a mare” nel 2004, nove anni dopo non è cambiato nulla. A Messina, soprattutto in quell’anno, il calcio aveva assunto una notevole importanza, poichè dopo 39 anni i giallorossi tornavano in Serie A. La città era in festa, c'erano dappertutto le bandiere giallorosse, il nuovo stadio, il San Filippo, era pronto, il Messina era diventata più di una società di calcio, era il simbolo di una rinascita, forse non solo sportiva. 
Per chi come me aveva da poco scoperto il calcio, questo traguardo storico è stato il definitivo avvicinamento verso questo sport, tramutato poi in “amore”. Ricordo ancora quando giocavo in porta nel piccolo cortile del doposcuola e i ricordi restano come se fossero fotografie inossidabili, capaci di farmi di nuovo immedesimare in ciò che è stato; alcuni miei amici con cui giocavo sono gli stessi con cui gioco tutt’ora, il luogo è anche lo stesso. Proprio del 2004 ricordo le mattinate estive in cui giocavamo alla “passeggiata a mare”, volevo giocare in porta. Il mio primo idolo fu Alessandro Parisi, anche per l'omonimia, successivamente Marco Storari, a quei tempi portiere del Messina, per il ruolo. Ogni estate eravamo lì a giocare, facevamo tornei, spesso incontravamo altri nostri coetanei disposti a giocare con noi, e non mancava di certo l’agonismo, senza il quale difficilmente riuscivamo a immedesimarci nei nostri idoli. Sono passati più di nove anni e alcuni ricordi restano indelebili: il 2006 in cui euforici imitavamo i giocatori della Nazionale, il 2008 in cui sognavamo di giocare in futuro nell’Italia, nell’Inter, nel Real, nel Messina. Era il più grande piacere assaporare la speranza di diventare un grande calciatore, con la consapevolezza di riuscire a farcela con la passione e la gioia che provavamo, anche perchè era un grande mezzo  di socializzazione, specialmente a quell’età.
Ormai diventare calciatore per me sarebbe solo un’utopia, come probabilmente lo era già in quel periodo, nonostante non si era consapevoli di cosa si desiderava inconsciamente. Nonostante ciò, ancora, più di una volta a settimana, vado con amici a giocare. Tra questi sono presenti alcuni con cui andavo anche anni fa, quasi per rispettare una “tradizione” di enorme valore. Quando gioco là ritorno come ero nove anni fa: la gioia, la passione, la voglia resta immutata. Sembra che il tempo non sia mai passato e, probabilmente, non passerà mai. Si dà vita alle parole di Jorge Luis Borges (<<Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio.>>), anzi queste parole vengono esaltate e rinnovate ogni volta che, passando da questa zona di Messina, si vede un bambino calciare un pallone e il suo sogno aleggiare in quel gesto.


(di Alessandro Triolo)

lunedì 24 giugno 2013

Gli artisti del pallone: Alessandro Del Piero

Inauguriamo la rubrica "Gli artisti del pallone" con la bandiera Alessandro Del Piero; ogni lunedì dedicheremo un post ad un "mito del calcio".

Alessandro Del Piero: un mito, una leggenda. Sono forse questi gli aggettivi più adatti per definire un calciatore straordinario, uno dei migliori talenti espressi dal calcio italiano e, soprattutto, un simbolo per tutti i tifosi della Juventus, con le sue 705 presenze e 290 gol, record assoluto con la maglia bianconera. La storia di Alex alla Juve resta nei cuori di tutti i tifosi, juventini e non, ma, purtroppo, come accade in alcune storie, la loro non ha avuto un lieto fine. Del Piero è infatti attualmente un giocatore del Sydney FC, squadra della A-League, campionato australiano. Chi non conosce la storia di Alex (e sono davvero pochi) si potrebbe chiedere come ha fatto una bandiera della Juventus, alla veneranda età di 37 anni, ad approdare, nel vero senso dell’espressione, dall’altra parte del mondo. 
Quella di Del Piero è diventata una questione che ha sollevato mille polemiche, perché forse si tratta dell’unico grande errore di gestione in casa Juventus da quando Conte ha riportato lo scudetto sulla maglia bianconera. Risulterebbe strano attribuire qualcosa di sbagliato ad un presidente come Andrea Agnelli e ad un allenatore come, appunto, Antonio Conte, che in pochissimo tempo hanno trasportato la Juve dall’inferno al paradiso, eppure sono loro i principali artefici di questa inspiegabile decisione. Il primo dava per fatto l’addio di Alex già ad ottobre del 2011, il secondo lo ha tenuto in panchina per quasi tutto il campionato, guardandolo poi segnare quello che è stato considerato il gol scudetto contro la Lazio: solita punizione, traiettoria che sorprende il portiere e palla in rete. Lo Juventus Stadium esplode, eppure Del Piero non è stato a tutti gli effetti il protagonista della Juventus campione d’Italia 2011-2012. Lo sarebbe stato se, con merito, avesse vestito la maglia di titolare come fa adesso al Sydney, dove si diverte ancora come un ragazzino. Ecco, quindi, come la Juventus si sia fatta un autogol clamoroso: il top player lo aveva e l’ha venduto.

(Jacopo Burgio)

martedì 18 giugno 2013

La rinascita della Viola.

Spesso ci si scorda che l’Europa League è un torneo europeo di grande valenza, certamente non al pari della Champions, ma fin troppo snobbato dalle “grandi” italiane, che ambiscono tutte alla cosiddetta, appunto, “Europa che conta”. Basta guardare le facce dei giocatori del Chelsea, come disse Pierluigi Pardo, dopo il gol di Ivanovic al 93’ e il fischio finale che sanciva la vittoria sul Benfica, per capire quanto sia importante in realtà questo trofeo. 

Quest’anno in Italia hanno saputo dimostrare di voler veramente battersi per questa competizione principalmente Fiorentina e Udinese, sovrastando squadre non da poco come Inter, Roma e Lazio (che ha però ottenuto l’accesso ai preliminari dopo la vittoria in Coppa Italia), che, puntando disperatamente alla Champions, hanno finito col rimanere a secco. Merito, dunque, a Guidolin, che, nonostante una concorrenza sempre più spietata per l’Europa, con un gruppo ormai privato dei propri gioielli dopo l’ennesima svendita estiva (dopo Sanchez, Inler e Zapata gli anni precedenti, quest’anno Isla e Asamoah), è riuscito a scalare la classifica grazie ad un girone di ritorno travolgente, e a Montella, primo artefice di un gruppo veramente sorprendente.

Dopo una grande stagione alla guida del Catania, Montella è stato chiamato (con grande intuito) dai dirigenti della Fiorentina per far ripartire il progetto della Viola, che l’anno precedente aveva addirittura rischiato la retrocessione. Soprattutto grazie ad acquisti mirati e ben piazzati (uno su tutti Borja Valero), con la velocità che serve nel calciomercato e che oggi manca a molte società, la Fiorentina è effettivamente ripartita e, se il Milan non avesse rimontato contro il Siena, sarebbe addirittura finita a giocarsi un posto in Champions League. Ma, come già detto, i viola si sono dovuti “accontentare” dell’Europa League. Si tratta ovviamente di un grande risultato, riconducibile in primo luogo alla grande preparazione tattica e alle doti umane di un giovane allenatore che, continuando così, potrà arrivare molto in alto. La Fiorentina quest’anno, se si esclude la Juventus, costituisce l’unico vero aspetto positivo del calcio italiano, un gruppo relativamente giovane che basa il suo gioco sul possesso palla e su di una spregiudicata propensione all’attacco, qualunque sia l’avversario. Una squadra, dunque, simbolo di cambiamento che, almeno, ci fa sentire orgogliosi di essere italiani.
Pur avendo un allenatore ormai non più nel fiore degli anni, l’Udinese è invece forse l’unica squadra che punta in maniera molto forte sui giovani, con una fitta rete di talent scout tessuta dai Pozzo in tutto il mondo. A sostituire quindi i grandi che se ne vanno sono ragazzini di 18-20 anni, tra i quali quest’anno spiccano, fra gli altri, Muriel, Zelinski e Pereyra. Contrasto con quello che è il capitano e trascinatore del gruppo, Antonio Di Natale, che, nonostante i suoi 34 anni, è ancora uno dei cannonieri della Serie A. Stesso modulo della Fiorentina, 3-5-2, ma cambia la tattica: l’Udinese tende a far giocare l’avversario e ad aspettarlo per poi ripartire in contropiede, con Muriel e, appunto, Di Natale, che si creano vicendevolmente gli spazi per attaccare in velocità, generando quindi una sorta di 3-4-2-1. Dopo aver sfiorato la Champions per due anni consecutivi, perdendo ai preliminari prima con l’Arsenal e poi con il Braga, quest’anno l’Udinese può essere più che soddisfatta dei propri risultati, se solo si pensa al decimo posto rimediato fino a metà campionato.


(di Jacopo Burgio)

lunedì 17 giugno 2013

L'estate degli attaccanti: chi vale troppo e chi troppo poco.

Spesso in questa sessione di mercato sentiremo parlare di attaccanti desiderati dalle migliori squadre d’Europa: Cavani, Suarez, Jovetic, Higuain, Tevez, Osvaldo, ad esempio.
Così, quando si nota come un giocatore come Cavani valga 63 milioni di clausola rescissoria, o uno come Jovetic 30, mi chiedo perché le società non virino a  nomi “meno popolari”, ma che comunque potrebbero valere quanto un top player pagato milioni e milioni. E’ probabile che sia un problema di sottovalutazione per alcuni, e sopravvalutazione per altri. Ad esempio, il Bayern Monaco preferisce vendere un giocatore del calibro di Mario Gomez, che quest’anno ha avuto meno spazio data la presenza di Mandzukic e che ne avrà probabilmente sempre meno, qualora arrivasse dai tedeschi Lewandowski. Il tedesco, a mio parere uno dei migliori attaccanti nel mondo, sembra sia destinato alla Fiorentina, data la quasi sicura cessione di Jovetic; nonostante non abbia nulla contro la squadra viola, è chiaro che per essere una  squadra che non parteciperà nemmeno in Champions, non è sicuramente giusto definirla “top club”. E quindi, mentre un giocatore da 262 gol in carriera su 451 presenze sembra essere destinato verso una realtà inferiore rispetto al suo valore, giocatori come Osvaldo sembrano invece valutati fin troppo rispetto al loro reale valore (è pur sempre un parere molto soggettivo). 
Arriverà alla Juventus sicuramente Fernando Llorente, giocatore acquistato a parametro zero e che potrebbe essere inserito nella lista dei “sottovalutati”. Llorente sembra essere l’attaccante giusto per Antonio Conte e ci sono grandi speranze per il suo futuro bianconero. Nonostante ciò la Juventus sta cercando un giocatore ancora più importante dello spagnolo, il famoso top player. Può anche essere, però, che in sordina faccia meglio dello stesso top player (Tevez, Higuain). Nel 2010, ad esempio, ci si ricorda della stagione di altissimo livello di giocatori come Milito o Sneijder nell’Inter del Triplete, arrivati decisamente con molte meno aspettative di Eto'o.
Un altro giocatore che sembra esser sempre poco valutato è Roberto Soldado. Il calciatore spagnolo ha giocato una stagione in maniera formidabile, diventando la punta di diamante del Valencia, e ultimamente, preferito da Del Bosque a Villa e Torres nella Nazionale spagnola. Soldado ha segnato 24 gol in 35 partite in campionato e 4 gol su 5 presenze in Champions League. Numeri che dovrebbero dimostrare come possa essere all’altezza di una squadra con ancora più ambizioni del Valencia e dovrebbero far cessare chi si stupisce del suo posto da titolare nella Spagna. 
Nonostante abbia espresso pareri molto personali e soggettivi, è giusto mostrare come i media, o le stesse società, valutino eccessivamente un giocatore, nonostante le statistiche e i “numeri” siano pressoché uguali alla categoria dei “sottovalutati”.


(di Alessandro Triolo)

venerdì 14 giugno 2013

Higuaìn, Tévez e Jovetic: Juve, il top player che verrà




Quasi annuale è divenuta ormai, in riferimento alla Juventus di Antonio Conte, la questione del “top player”. 
Fin dall’insediamento di Conte alla Juventus, e dopo il primo scudetto conquistato a sorpresa, si è notato, e soprattutto elogiato, il fatto che la squadra abbia avuto successo grazie ad una forte coesione, e quindi organizzazione del gruppo, pur essendo orfana di un giocatore che riesca a spiccare sugli altri. Dopo il primo anno, però, l’esigenza di avere in rosa un giocatore che risponda alla caratteristiche tipiche di un "top player" è stata più forte, anche perché la Juventus si affacciava, per la prima volta dopo un lungo periodo, sul panorama dell’Europa che conta. Nella sessione di calciomercato estivo sono stati così fatti vari nomi, nessuno dei quali è poi apparso nella lista dei giocatori della Juventus 2012-2013. Ciò perché i rumors erano sì fondati, ma non potevano trovare riscontro nella realtà dei fatti per via soprattutto di prezzi troppo alti dei cartellini e clausole rescissorie di enorme portata. Insomma, a fine mercato gli unici nomi caldi erano quelli di Dimitar Berbatov e Nicklas Bendtner, non esattamente definibili dei top player, soprattutto il secondo. Proprio quest’ultimo approdava infine alla Juventus, con più o meno grandi aspettative. Giocatore abbastanza giovane, di prospettiva, importante tassello dell’Arsenal di Arsene Wenger per sostituire Van Persie. Sappiamo però tutti come è andata e quest’anno Bendtner ha giocato sì e no 5 partite, non riuscendo ad andare a segno in nessuna di queste, per di più infortunandosi gravemente per ben 2 volte. Nella sessione invernale Marotta e Paratici hanno inseguito altri giocatori e, stavolta, i nome che si sono letti per intere settimane sulle prime pagine dei maggiori quotidiani sportivi son stati quelli di Lisandro Lòpez e Fernando Llorente, di cui già si era parlato in estate: lo spagnolo campione d’Europa e del Mondo con la sua nazionale firma un contratta che lo legherà alla Juventus a partire da luglio. Tuttavia la questione top player è tutt’altro che risolta; infatti Llorente arriverà solo a luglio e ciò pone un interrogativo: chi porterà la Juve il più avanti possibile in Champions League? Anche Lisandro Lòpez sembra essere difficile da acquistare e in poco tempo Marotta definisce l’ingaggio di Nicolas Anelka, ex stella del Chelsea, ma ormai sulla soglia della pensione. Anelka aveva disputato le sue due ultime stagioni in Cina, con lo Shanghai Shenhua assieme a Drogba. I dubbi sono molti, soprattutto fra i tifosi, e si fa strada l’aspettativa del nuovo “acquisto inutile” (dopo quello del danese). Purtroppo, tale aspettativa si concretizza puntualmente: per Anelka solo due partite, per di più da subentrato, una all’85’ (nel macth di Champions con il Celtic) e l’altra al 74’ (contro la Roma in campionato); insomma, nemmeno 90 minuti di gioco per il francese con la maglia bianconera.
Terminato il campionato, con la Juventus nuovamente Campione d’Italia, si apre il calciomercato, e con esso, il nodo “top player”. Stavolta le cose sembrano essere più facili, anche pensando ai capitali versatisi nelle casse della società dopo la vittoria in Supercoppa Italiana e in campionato, l’accesso alle semifinale di Coppa Italia e ai quarti di Champions League. D’altronde, la Juventus si è ormai pienamente reinserita nella classifica delle squadre più forti d’Europa e molti giocatori ambiscono ad essere ingaggiati dai bianconeri. Ecco quindi la situazione attuale: Higuaìn, Tèvez e Jovetic sono i candidati più probabili a vestire la maglia bianconera e a guadagnarsi un posto accanto a Llorente nell’attacco, con il modulo 3-5-2, nonostante varierà spesso. Quel che sembrerebbe strano è che, dopo un’attenta analisi, si potrebbe constatare che in teoria (ma solo in teoria) nessuno di questi è un vero “top player”: Higuaìn ha sì vinto col Real Madrid, ma non così tanto, e stesso discorso vale per Tèvez; Jovetic è un giocatore di gran prospettiva, ma attualmente non ha molta esperienza (Partizan e Fiorentina i club in cui ha militato). La domanda che sorge allora spontanea è: perché la Juventus punta questi attaccanti? La risposta è che ognuno di essi sembra essere adatto agli schemi di Conte. Higuaìn ha saputo dimostrare si essere sempre pronto e, pur non essendo titolare nel Real di Mourinho, è comunque riuscito a raggiungere una straordinaria media gol; Tévez è la soluzione più facile e soprattutto più conveniente in quanto a rapporto qualità-prezzo, ma bisogna battere la concorrenza del Milan, che lo corteggia da tempo. “L’Apache”, con il suo dribbling secco e il tiro potente dalla distanza, riuscirebbe a ribaltare il risultato di una partita in poco tempo. Jovetic, che proprio giorni fa ha annunciato di voler lasciare la Fiorentina, anche per andare alla Juventus, come già detto, è un giovane di prospettiva, classe 1989, dotato di enormi qualità tecniche. Non è ancora un vero top player, ma potrebbe sicuramente diventarlo.
Le opzioni sono tante, tutte interessanti, spetterà alla società scegliere quella giusta.


(di Jacopo Burgio)


lunedì 10 giugno 2013

Inter: quel che è cambiato e quel che cambierà...

Dopo aver vinto tutto, l’Inter ha chiuso il suo ciclo tre anni fa, con un calo di prestazioni sempre più evidente che lo ha portata al recente nono posto in classifica, con conseguente esclusione dall’Europa e accesso ai quarti di Coppa Italia solo dopo i preliminari.
Messi in bacheca tutti i trofei possibili conquistati con Mourinho, Moratti ha affidato il nuovo incarico a Benitez, che, tutto sommato, ha continuato a piccoli passi a portare in alto i neroazzurri, vincendo la finale del Mondiale per Club, ma perdendo anche la Supercoppa Europea con l’Atletico Madrid. Benitez ha evidentemente avuto poco tempo per affermarsi e bisogna altresì considerare la pesante eredità che si era sobbarcato. Ecco che si arriva all’Inter di Leonardo, con cui la squadra esce dalla Champions contro lo Shalke, fatto che sancisce la fine definitiva del suo ciclo europeo. Ranieri cercò di dare maggiore identità ad una squadra ormai chiaramente disunita, ma con scarsi risultati. La scelta radicale e, a parer mio, più che giustificata, è stata quella di far insediare Stramaccioni. Scelta dettata dalla volontà di voltare pagina e di ripartire dai giovani, primo fra tutti, appunto, l’allenatore. In effetti Stramaccioni è riuscito a dare un po’ di serenità all’ambiente Inter e la fiducia in lui è stata più volte riconfermata dal presidente, almeno per i primi tempi. Proprio Moratti, però, ha deciso qualche settimana fa di esonerarlo. Dopo un inizio più che convincente, con la squadra data per sicura anti-Juve, anche dopo la vittoria per 3-1 sui bianconeri, l’Inter è parsa sempre più fiacca, stremata dagli infortuni; per cui, il giovane romano è stato costretto a usare moduli impresentabili e a schierare giocatori decisamente non adatti alla situazione e alla stessa squadra. 
L’Inter ripartirà da Mazzarri, sicuramente per tornare a vincere: con gli innesti giusti e forse con maggior fortuna, il prossimo anno potranno essere proprio i neroazzurri la sorpresa del campionato, riuscendo anche a frenare una Juventus che si appresta a lottare per la vittoria finale in Champions (probabilmente con un “top player” in più).
L’ex Napoli ripartirà sicuramente dal suo 3-5-1-1, salvo modifiche dettate dalle disponibilità in rosa. Si cercano dunque esterni veloci, che possano fare “il Zuniga” e “il Maggio” della situazione. Su questo fronte i nomi caldi sono quelli di Basta e Kolarov, ma si parla di trattative ancora non perfettamente avviate. In difesa quasi archiviato il capitolo Campagnaro e, come già dalle recenti sessioni di marcato, emerge un interesse per Andreolli. Paulinho è il sogno, ma servono 20 milioni, mentre tra le ufficialità spicca l’argentino scuola Barça Icardi, bomber della Sampdoria di quest’anno, seguito da Botta e Laxalt. Per l’attacco, accostato al club neroazzurro in questi giorni è il nome di Gilardino, che però non trova riscontri ufficiali. Dopo i vari riscatti (recente quello di Gargano) serviranno le adeguate cessioni: Handanovic è conrteggiato dal Barcelona per sostituire Valdés, Guarin ha molte estimatrici all’estero ed è seguito anche dalla Juventus, si parla di una possibile cessione di Cassano. Unica conferma, oltre a quella dei “titolarissimi”, sembra Kovacic, il nuovo 10 dell’Inter, su cui il neoallenatore sembra puntare molto.



(Jacopo Burgio)

domenica 9 giugno 2013

Giuseppe Savanarola a "Lo Stretto del Calcio"



Giuseppe Savanarola ci ha concesso con grande disponibilità la possibilità di intervistarlo. Il giocatore ventisettenne è stato uno dei protagonisti della promozione in Lega Pro con il Messina. Nonostante ciò, ha annunciato lui stesso la sua partenza dai giallorossi, a malincuore suo e dei tifosi.


Sei uno dei migliori giocatori della Serie D da anni e militi in questo campionato ormai dal 2004, speravi che sarebbe stata la volta buona per giocare in C2 da protagonista con il Messina? 
Grazie per il complimento. Ormai questa categoria la conosco bene anche se c'e sempre da imparare. Speravo si rimanere per confrontarmi in palcoscenici diversi come quelli della lega pro, però le nostre strade si sono divise e spero, sia per me che per il Messina, in un futuro roseo.

Hai giocato in più di dieci squadre, qual è stata quella che non facilmente dimenticherai?
Sicuramente in qualsiasi squadra io abbia giocato ho conservato bei ricordi, ma quelle che ho più impresse sono Messina Acireale e Noto.

Stai lasciando a malincuore Messina, i tifosi ti apprezzano molto e penso che la stima sia reciproca da parte tua. Cosa ricorderai maggiormente di questa esperienza?
Senza
dubbio tutto quello che ho ricevuto da Messina e soprattutto dai tifosi messinesi è un'emozione unica che mai dimenticherò. Il ricordo più bello? Il magnifico gruppo che eravamo e i 12.000 spettatori presenti nella partita contro il Cosenza.

Ti senti già appagato della tua carriera da calciatore, oppure speri ancora in qualcosa di migliore?
Assolutamente no. Come ho detto prima, nella vita bisogna sempre aspirare a qualcosa di più.
L'importante è, comunque, essere sempre fieri di se stessi nel fare il proprio lavoro con serietà.

Gli allievi dell’ACR Messina sono campioni regionali, ed anche questo è un evidente simbolo di rinascita. Cosa consigli, dunque, a dei ragazzi che sognano di giocare in futuro nel Messina per contribuire al suo ritorno nel calcio che conta?
Nel calcio, come nella vita d'altronde, per arrivare a realizzare i propri sogni si devono fare sacrifici. Nessuno ti regala niente ed è bello poter dire alla fine di avercela fatta con i propri sforzi. Il mio consiglio è quindi di lottare, avere spirito di sacrificio e soprattutto avere tanta umiltà.

Chi sono stati gli allenatori più importanti per te nel corso della tua carriera? E quali sono i giocatori con cui ti sei potuto confrontare, fino a migliorare ulteriormente?
Grazie al mio carattere ho sempre instaurato un bel rapporto con tutti gli allenatori,non mi sembra giusto citarne solo uno: ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa da portare dentro e fuori il campo. Ho giocato con tanti giocatori di talento e che mi hanno aiutato a crescere ulteriormente, uno su tutti Giorgio Corona.

Come ultima domanda ti chiedo se già sai quale sarà il tuo futuro per la prossima stagione.
Non so ancora nulla di certo. Il mio procuratore sta già parlando con le società che hanno richiesto mie informazioni. A breve saprò qualcosa. Spero tanto di poter vincere ovunque sia il mio futuro, sia per me che per la mia famiglia, mia moglie e il mio nuovo piccolo/a che verrà a gennaio.


Ringraziamo vivamente Giuseppe Savanarola per la sua disponibilità e gli auguriamo un futuro più che roseo.
(Alessandro Triolo)



martedì 4 giugno 2013

#THANKYOU SIRALEX


            
Quest’anno, come abbiamo visto negli articoli precedenti, abbiamo assistito ad un periodo di rinnovamento, caratterizzato anche da ritiri importanti, fra tutti quelli di Sir Alex Ferguson, David Beckham e Paul Scholes, stelle storiche del calcio inglese e del Manchester United, l’uno come allenatore, gli altri due come giocatori.
In carica dal 1987, Alexander Chapman Ferguson ha guidato i Red Devils per 26 anni; non si può che definire una leggenda, non solo per i suoi innumerevoli successi che hanno portato lo United sul tetto del mondo, ma anche per la grande professionalità con cui ha gestito la squadra per un periodo così prolungato, durante il quale il calcio ha subito profondi mutamenti. Nonostante questi, Ferguson è stato capace di proporre continue innovazioni, in opposizione al tipico conservatorismo inglese, che, appunto, lo ha lasciato sulla stessa panchina per più di un ventennio.

Nella bacheca di Sir Alex si contano 13 campionati, 5 F.A. Cup, 4 Coppe di Lega, 10 Community Shield, 2 Champions League, 2 Coppe delle Coppe, 1 Supercoppa Uefa e 2 Intercontinentali, con il ricordo in particolare del “Treble”, o “Triplete”, nel 1999. 

Ferguson, oltre ad aver fatto la storia dello United, ha anche fatto quella del calcio in generale: nel Febbraio 2012 viene eletto dalla IFFHS miglior allenatore del XXI secolo.
Tra i grandi meriti di Sir Alex, c’è anche quello di aver lanciato campioni internazionali, che talvolta hanno continuato a fare la storia del club dove sono cresciuti, mentre alcune volte sono sbarcati altrove per raggiungere nuovi traguardi. Nel primo caso, emblematico è l’esempio di Ryan Giggs, il pupillo di Ferguson, voluto personalmente dall’allenatore ad appena 16 anni, nel 1990; dovremmo anche ricordare Paul Scholes, altro simbolo dei Red Devils, che, dopo aver annunciato il ritiro nel 2011, è stato spinto da Sir Alex a continuare, tanto che nel 2012 tornò a giocare, anche con continuità. Il 12 maggio 2013, pochi giorni prima dell’annuncio di Sir Alex, Scholes annuncia il definitivo ritiro dal calcio giocato. Nel secondo caso, tra i molti ricordiamo Ruud Van Nistelrooy, Cristiano Ronaldo e David Beckham, accomunati dal fatto di essere poi stati trasferiti al Real Madrid, ovviamente in tempi diversi. Van Nistelrooy ha chiuso il 14 maggio 2012, dopo aver disputato l’ultima sua stagione ad alti livelli con il Malaga, nella Liga. Il secondo è ancora nel vivo della sua carriera, in lista per ricevere il Pallone d’Oro, già conquistato nel 2008 e negatogli gli anni successivi per la sovrastante presenza di Lionel Messi. 

Beckham ha invece annunciato il suo ritiro alla vigilia dell’ultima partita di Ligue 1, con il Paris Saint-Germain, squadra in cui ha giocato gli ultimi 5 mesi di carriera, devolvendo il suo stipendio interamente in beneficenza.

“Becks” ha raggiunto il successo soprattutto, potremmo dire, all’immagine: Beckham non è solo un icona del calcio inglese, ma anche del marketing; inserito dal TIME nel “TIME100 Heroes&Icons” nel 2004 e quinto nella lista delle celebrità più influenti stilata da Forbes nel 2008. Tuttavia, è stato un indiscusso campione, arrivato secondo nella classifica del Pallone d’Oro nel 1999 e del FIFA World Player nel 1999 e 2001. Beckham ha militato per 12 anni nel club di Sir Alex, vincendo 6 campionati, 2 Coppe d'Inghilterra, 2 Charity Shield, una Champions League e una Coppa Intercontinentale. Di lui, in veste di giocatore e non di divo, si ricordano le magnifiche punizioni, i cross perfetti, un ottimo tiro e una grande visione di gioco, che lo rendono uno dei migliori centrocampisti della storia del calcio inglese.

Se, dunque, abbiamo potuto ammirare, o ammiriamo tutt’ora, campioni come Cantona, Giggs, Scholes, Beckham, C. Ronaldo, Van Der Sar, Rooney, tanto per citare alcuni fra i più importanti, è anche, e soprattutto, merito di Sir Alex Ferguson e della sua magnifica storia, quasi trentennale, con il Manchester United. 

Ferguson con alcuni "suoi" giocatori: Giggs, Stam, Beckham, Neville, Scholes

(di Jacopo Burgio)