mercoledì 26 giugno 2013

Dove il calcio è immortale.


Abbiamo trattato di calcio in questo blog da opinionisti, abbiamo trattato il calcio come fosse solamente un argomento, uno strumento di esposizione di pareri personali, quasi per vanto forse. Personalmente non ritengo di essermi appassionato a questo sport per tali cause. Dunque ho deciso per una volta di parlarne in maniera molto più personale, e soggettivamente suggestiva, quasi a rievocare ciò che ora mi manca, ovvero una passione “pura” per il gioco del calcio, fuori da teorie, pareri e futili opinioni.

Iniziammo a giocare alla “passeggiata a mare” nel 2004, nove anni dopo non è cambiato nulla. A Messina, soprattutto in quell’anno, il calcio aveva assunto una notevole importanza, poichè dopo 39 anni i giallorossi tornavano in Serie A. La città era in festa, c'erano dappertutto le bandiere giallorosse, il nuovo stadio, il San Filippo, era pronto, il Messina era diventata più di una società di calcio, era il simbolo di una rinascita, forse non solo sportiva. 
Per chi come me aveva da poco scoperto il calcio, questo traguardo storico è stato il definitivo avvicinamento verso questo sport, tramutato poi in “amore”. Ricordo ancora quando giocavo in porta nel piccolo cortile del doposcuola e i ricordi restano come se fossero fotografie inossidabili, capaci di farmi di nuovo immedesimare in ciò che è stato; alcuni miei amici con cui giocavo sono gli stessi con cui gioco tutt’ora, il luogo è anche lo stesso. Proprio del 2004 ricordo le mattinate estive in cui giocavamo alla “passeggiata a mare”, volevo giocare in porta. Il mio primo idolo fu Alessandro Parisi, anche per l'omonimia, successivamente Marco Storari, a quei tempi portiere del Messina, per il ruolo. Ogni estate eravamo lì a giocare, facevamo tornei, spesso incontravamo altri nostri coetanei disposti a giocare con noi, e non mancava di certo l’agonismo, senza il quale difficilmente riuscivamo a immedesimarci nei nostri idoli. Sono passati più di nove anni e alcuni ricordi restano indelebili: il 2006 in cui euforici imitavamo i giocatori della Nazionale, il 2008 in cui sognavamo di giocare in futuro nell’Italia, nell’Inter, nel Real, nel Messina. Era il più grande piacere assaporare la speranza di diventare un grande calciatore, con la consapevolezza di riuscire a farcela con la passione e la gioia che provavamo, anche perchè era un grande mezzo  di socializzazione, specialmente a quell’età.
Ormai diventare calciatore per me sarebbe solo un’utopia, come probabilmente lo era già in quel periodo, nonostante non si era consapevoli di cosa si desiderava inconsciamente. Nonostante ciò, ancora, più di una volta a settimana, vado con amici a giocare. Tra questi sono presenti alcuni con cui andavo anche anni fa, quasi per rispettare una “tradizione” di enorme valore. Quando gioco là ritorno come ero nove anni fa: la gioia, la passione, la voglia resta immutata. Sembra che il tempo non sia mai passato e, probabilmente, non passerà mai. Si dà vita alle parole di Jorge Luis Borges (<<Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio.>>), anzi queste parole vengono esaltate e rinnovate ogni volta che, passando da questa zona di Messina, si vede un bambino calciare un pallone e il suo sogno aleggiare in quel gesto.


(di Alessandro Triolo)

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